Se la riforma della Giustizia comincia da qui…

di Maurizio Reale con il commento di Massimo Penco

Con il contributo di Maurizio Reale, Cittadini di Internet sta operando per costituire in seno all’associazione un gruppo di lavoro avente ad oggetto la riforma della giustizia. Un progetto estremamente ambizioso, ma non irrealizzabile: sembra, infatti, che il nuovo Ministro della Giustizia Paola Severino stia finalmente adottando un nuovo approccio al problema che contempli l’utilizzo della tecnologia. Lo scopo è non solo promuovere l’efficienza di quella che, allo stato attuale, è la macchina asfittica della giustizia in Italia, ma anche e soprattutto trovare soluzioni che mirino ad evitare che una montagna di soldi venga letteralmente gettata via ogni anno, o meglio ogni giorno, a sostegno di un apparato che, comunque, non funziona. Crediamo profondamente che le nuove tecnologie, se usate correttamente e messe a disposizione in modo organico e intelligente, possano sicuramente contribuire a risolvere il problema dell’amministrazione della giustizia in Italia, riducendone sensibilmente i costi; se invece, come accade, esse vengono utilizzate in modo non corretto, i costi e le disfunzioni di una macchina già complessa non possono che aumentare.

Ogni anno, ormai da oltre cinquanta anni, siamo costretti ad ascoltare la solita nenia, come dimostra impietosamente, pur se in chiave ironica, il film di Totò che ho scelto per questo pezzo. All’inaugurazione dell’anno giudiziario si è assistito ad uno snocciolamento di cifre e questioni, ai vari scioperi della fame e della sete di Pannella per la riforma delle carceri, ma nessuno risultato concreto è mai stato raggiunto finora, ad eccezione di una amnistia, che, oltre a generare il caos civile e sociale, non risolve il problema del sovraffollamento degli istituti penitenziari. Cercheremo, nel nostro piccolo, di dipanare la matassa della giustizia italiana, suggerendo soluzioni dettate dalla nostra competenza ed esperienza, partendo da uno dei fili del groviglio, il detenuto, che costituisce la tragica parte finale di una procedura giudiziaria che per quasi 70 mila persone si è risolta – ad oggi –  in un arresto e la reclusione, con o senza processo. Non è in questa sede che ci inoltreremo in argomentazioni moralistiche sull’insostenibilità delle situazioni carcerari, d’altra parte sotto gli occhi di tutti dal 1952 – anno a cui risale il film di Totò proposto all’inizio – a quest’anno, in cui ben poco è cambiato, se non in peggio. Tenteremo, tuttavia, di affrontare apertamente il problema e suggeriremo proposte di provvedimenti allo scopo di ridurre i costi insostenibili e le lunghezze delle procedure, che tali costi incrementano. Lo faremo anche attraverso l’esame di quanto la nostra classe dirigente stia concretamente facendo, vedi il decreto “svuota-carceri”, e la pretesa, attraverso questo, di  iniziare davvero a risolvere il problema, come magistralmente descritto da Maurizio nell’articolo che segue. A mio avviso il citato provvedimento è l’ennesima “toppa” che posta su una camera d’aria ormai piena di buchi e che non si può più pensare di rattoppare, ma va cambiata totalmente.

Maurizio Reale, nell’articolo che segue, ci propone un conteggio preciso di quanto spenda la totalità dei cittadini Italiani per il mantenimento in carcere dei detenuti; questo aspetto rappresenta, purtroppo, solo la punta dell’iceberg: nel corso della nostra inchiesta cercheremo di capire quanto costa l’intera filiera della giustizia in Italia, ovvero di svelare quanto costi tutto l’iter che conduce all’incarcerazione di una persona, che sia portata a compimento o resti solo un tentativo, analizzando i vari costi connessi alla giustizia, alle forze di polizia, incluse perizie e intercettazioni telefoniche, nonché, ovviamente, i procedimenti penali nei vari gradi di giudizio. Ci concentreremo, dunque, sull’individuazione delle alternative possibili, che implichino spese minori attraverso l’uso delle nuove tecnologie, di cui un esempio è costituito dall’ormai noto braccialetto elettronico. A tale proposito, ricordiamo che, a causa dell’errata gestione di tale opportunità da parte del governo, che, bypassando la procedura ordinaria della gara d’appalto, ha affidato  l’acquisto dei braccialetti a Telecom Italia, sono  già stati spesi 110 milioni di euro per soli 8 braccialetti (il punto interrogativo è d’uopo). Per il momento sappiamo che il Ministro Severino si sta informando sull’uso della tecnologia nel processo telematico.. chissà!

Se la riforma della Giustizia comincia da qui…

Del Decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211 (convertito in Legge 17 febbraio 2012, n. 9) recante “Interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri” e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 42 del 20 febbraio 2012, tutto può dirsi tranne che sia, come dai più è stato “volgarmente” definito, un decreto “svuota-carceri”.

Piuttosto che esaminare le parole e le opinioni di coloro che si sono favorevolmente espressi in merito all’introduzione di tale decreto, ritengo sia opportuno lasciare spazio ai numeri.

E allora vediamoli, questi numeri, e vediamo se, in effetti, la misura adottata può veramente considerarsi “svuota-carceri” o, quanto meno, un punto di partenza veramente utile per salvare il carcere dallo stato di degrado in cui attualmente si trova.

Alcuni numeri sul sistema penitenziario italiano (fonte).

Numero degli istituti penitenziari in Italia:            206

 

Capienza degli istituti penitenziari:                         45.572                      

 

Numero dei detenuti:                                              67.510

 

Dei 67.510 detenuti:                                     37.395 con condanna definitiva

                                                                       28.457 in attesa di giudizio di primo grado

                                                                       7.698 in attesa del giudizio d’appello

                                                                       4696 in attesa della sentenza

I costi:

Ogni giorno i cittadini italiani spendono 7.615.803 Euro per sostenere i costi della detenzione dei condannati nelle carceri, ossia 113 Euro per ogni detenuto.

Di questi, 98,95 Euro vengono spesi per stipendiare il personale, 4,03 Euro per la manutenzione delle strutture, 3,35 Euro per le spese d’investimento (edilizia, mezzi di trasporto ecc.), 6,48 Euro per il mantenimento dei detenuti. Significativa l’osservazione di Riccardo Polidoro, Presidente della ONLUS “Il Carcere Possibile”, il quale denuncia che solo 11 centesimi al giorno vengono spesi per il trattamento di riabilitazione del detenuto!

Il Decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211 si poneva quale obiettivo quello di risolvere o, quanto meno, porre in gran parte rimedio al disumano sovraffollamento dei 206 istituti penitenziari del nostro Paese. A mio modesto avviso, tale “rimedio” è assolutamente insignificante ai fini della risoluzione, anche parziale, del problema, in quanto, secondo le stime, si prevede che il numero dei reclusi interessati dal detto provvedimento e che quindi, a seguito dell’entrata in vigore della normativa, lasceranno gli istituti penitenziari, sia appena di 3.800 sugli oltre 67.000 ad oggi detenuti!

È mai pensabile, infatti, che una riduzione di circa 4.000 detenuti possa modificare, migliorare o risolvere il problema? Assolutamente no, e ciò che sconcerta è che tali numeri fossero sicuramente noti anche al Ministro della Giustizia Paola Severino, la quale ha non solo proposto l’intervento normativo ma anche sostenuto che lo stesso fosse indispensabile per porre rimedio ad una situazione non più tollerabile in un Paese civile quale è il nostro. A tal proposito, ella stessa ha dichiarato di sentirsi «caso mai più colpevole delle morti in carcere per suicidio che delle conseguenze di un decreto che dovrebbe contribuire a salvare il carcere dallo stato di degrado in cui attualmente si trova»….(fonte)”.

Su tale dichiarazione, non posso esimermi dal porre una domanda al Ministro Severino:

Signor Ministro… se veramente (e credo nella sua buona fede) si sente maggiormente responsabile quando viene a sapere dei suicidi che si verificano nelle carceri, veramente crede che la nuova norma, alla luce dei numeri oggettivi e relativi alla situazione delle strutture penitenziarie del nostro Paese, sia quanto di più logico e utile si possa fare per la risoluzione del problema?

Se la riforma della giustizia comincia da qui…

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